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Tamarindo - Parte 1

Immagine del redattore: Antonio CastielloAntonio Castiello

Limen Salerno Festival 2031. Sabato Sera. Gli headliner sono la band indie rock gallese Tamarindo. Hanno un tour di settantadue date in tre mesi in giro per il mondo. Prima band gallese a vincere l’Eurovision. Un solo CD. Dodici canzoni. Perché una band gallese si chiami Tamarindo resta ancora una domanda aperta.

Fanno trentasei gradi alle undici di sera. L’unica corrente d’aria nasce dal rapido movimento dei capelli di Kins, il batterista. L’unico a goderne però è Arold, il cantante. Bagnato come il Gange in piena ai tempi in cui era più di un semplice ruscello indiano. È in atto il gran finale, c’è l’assolo di I might not be able to afford your dreams. Il plettro di Eric il chitarrista si sta quasi fondendo sulle corde. Arrivano i ringraziamenti finali. Kins il ventilatore, Jenna alle tastiere, Eric sempre il chitarrista e il vecchio Gange Arold. Assolo finito, canzone finita, concerto chiuso. C’è un aereo per Dallas da prendere. In diciassette secondi esatti i Tamarindo sono già dentro al van con aria condizionata a sedici gradi. Un sogno.

La folla diluisce lenta, scivolando nel proprio sudore. I volontari già sul palco a smontare tutto. Vogliono tutti casa. Qualcosa di fresco. Un ventilatore. Un pezzo di ghiaccio.

Uno zoccolo duro resta immbobile sotto al parco. I fedelissimi dei Tamarindo. Un fan club di circa un ottantina di persone. Qualcuno, un temerario o un pazzo furioso, si accende una sigaretta e fa l’ultimo sorso di birra bollita. Parte il coro. Se non metti l’ultima, noi non ce ne andiamo. Il resto dei presenti si allontana a timidi sorrisi. Lo prendono come uno scherzo. Il classico cacamento di cazzo che si fa alla fine di ogni concerto. Nemmeno il caldo uccide la voglia di questo gioco. Il coro continua Se non metti l'ultima… Di quelli che cantano non si muove nessuno. Alle loro voci si uniscono altre dalle lunghe file all’uscita. I Tamarindo sono già in autostrada. Il coro diventa una danza enorme. Qualcosa che nemmeno i fedelissimi si aspettavano. Si guardano tutti, a due a due, negli occhi… Se non metti l'ultima… non è più un coro ma un canto di rivoluzione. Quelli che si erano aggiunti dalle file d’uscita, cominciano a barricare le porte. Non è un gioco. La cosa è diventata chiara a tutti, un messaggio indotto nell’aria calda. Se i Tamarindo non suonano un altro pezzo, tutta quella gente resterà lì. Cominciò così la Repubblica Indipendente di Tamarindo.


Dopo le barricate alle uscite, presero i bar.. Al terzo minuto dall’inizio dell’occupazione, la sicurezza era già tutta andata via. Gli occupanti si riunirono sotto al palco per un breve censimento e per tirar fuori un piano decente. Ne nacque una piccola costituzione, un mezzo governo (che preferivano definire SOLO PORTAVOCI) e una distribuzione di responsabilità. Tra gli articoli più importanti della piccola costituzione:

  • Vietato cacare nei cessi chimici. Era socialmente accettato scavare fossette nelle aiuole.

  • Abbandonare la repubblica è consentito solo per ragioni mediche estreme o per partecipare a un’altra tappa del tour dei Tamarindo.

  • In caso di diatriba tra due o più cittadini di Tamarindo, la ragione verrà data a chi saprà pronunciare a memoria più canzoni dei Tamarindo. In caso di pareggio si giocherà a Scissors. Paper. Rock. (Titolo di una delle hit della band).


Lì in mezzo era rimasta anche una delle illustratrici della zona expo del festival. Non le fregava nulla ma si era intrattenuta troppo tempo al cesso e non voleva mettersi a fare storie per uscire. Pensava a un paio di giorni di campeggio, una breve avventura ispiratrice, tipo residenza artistica. La MatitadellaSnai (questo il suo nome d’arte) si era offerta per disegnare la bandiera di quella nuova repubblica.


Bandiera della Repubblica di Tamarindo
Illustrazione realizzata da Pennarellodelbingo

La prima notte, i novantadue cittadini della Repubblica Indipendente di Tamarindo, dormirono stipati sotto al palco. Quella notta passarono:

  • una volante dei vigili

  • una volante dei carabinieri

  • due pattuglie della finanza (tornavano da un posto di blocco e si fermarono solo come curiosi)

  • una pattuglia della polizia.


Tutti, dal questore all’ultimo degli arrivati tra le forze dell’ordine, consideravano quella occupazione solo una follia di una notte; si sarebbe dissolta naturalmente o sgomberata il mattino seguente senza mettersi a svegliare tutto il vicinato. Fu una scelta senza senso e molto stupida. Il giorno seguente l’aeroporto di Salerno fece il record di arrivi. Stessa cosa per la stazione dei treni e quella dei bus. Tutti volevano entrare nella nuova repubblica. Durante la notte, dalla Repubblica di Tamarindo, erano partite dirette-tiktok-storie che raccontavano e sostenevano il sacrosanto diritto di ascoltare l’ULTIMA. Negli hashtag in tendenza c’erano #senomettilultima #tamarindoresiste e #finoallultimacanzone. Tra i portavoce di Tamarindo c’era Bianca con tre milioni di follower, mental coach, fitness lover, superfan dei Tamarindo e influencer. Aveva lanciato la call to action KEEP TAMARINDO ALIVE. Il mattino seguente all’occupazione, migliaia di persone oltre le barricate evitavano che le forze dell’ordine potessero entrare. I portavoce, dopo un rapido briefing alla vista di quella folla, decretarono che non si potevano fare altri cittadini date le risorse limitate. Qualcuno dall’esterno delle barricate lanciò l’hashtag #tamarindodittatura ma fu un fuoco di paglia e la repubblica proseguì coi suoi cittadini originari dentro e il suo esercito di fedeli fuori in perfetta collaborazione.

La giovane aspirante architetto Silvia Carlini, era rimasta lì perché tutto quel bordello di allestimento del festival era la sua tesi di laurea. Con la storia della rivoluzione sentiva già odore di centodieci e lode, bacio accademico, pubblicazione e intitolazione di un edificio del parco a suo nome; oppure di denuncia penale. Comunque aveva già pensato ad un'evoluzione del progetto e convertì l’area expo e l’aria chill nel nucleo abitativo. Una tendopoli ma con criterio architettonico. Si vedeva già il tutto riprodotto alla Biennale di Venezia.

Quelli del pogo erano addetti alla gestione risorse. Spostarono tutte le balle d’acqua e i fusti di birra nella vecchia fornace, il luogo più fresco del parco. Patrizia, trentaquattrenne di un metro e sessanta, gomito affilato come lame e regina del pogo. Dirigeva il magazzino risorse, data la sua pluriennale esperienza nella gestione di un chiosco a Mercatello. Nemmeno una goccia sprecata. Le risorse, come buste di patatine e panini con la mortadella vegana, che venivano da fuori tramite lanci oltre le barricate e piccoli droni, venivano subito pescate, catalogate e messe in fornace. Patrizia nel suo chiosco era solita fare uno scontrino ogni dieci clienti ma sulle risorse di Tamarindo non transigeva. Due litri a testa al giorno di acqua e una birretta la sera. Questa intransigenza e il limite sulla birra furono le ragioni della prima diatriba all’interno della repubblica. Luca, un tipo di Ravenna, eletto tra i portavoci, credeva di esserne il capo. Diceva di essere stato uno dei primi a seguire il coro. Avrebbe bevuto meno acqua ma voleva più birra. Patrizia però non si faceva fottere. L’acqua, bene o male, arrivava pure da fuori, la birra no. Aveva già carico il gomito da sbattergli nello sterno ma Luca si appellò alla piccola costituzione; siccome Patrizia non sapeva bene l’inglese finì dalla parte del torto. Le canzoni le conosceva ma sbagliava sempre la pronuncia e così Luca, con l’accento romagnolo, la vinse a mani basse. Ottenne tre pinte a sera e fece nascere in Patrizia l’opinione (personalissima) che tutta la gente di Ravenna è gent i merd

Al terzo giorno di occupazione, le cose cominciarono a muoversi tra i palazzi del comune. Aveva chiamato il ministro degli interni chiedendo di far terminare in fretta Questa barzelletta estiva (così cominciarono poi a chiamarla le maggiori testate giornalistiche italiane). La sindaca di Salerno reagì con un comunicato stampa.


[...] Apprezziamo il movimento di tantissime famiglie e giovani qui nella città di Salerno. Sappiamo che il caldo e l’euforia possono portare a gesti sconsiderati e fuori dalla sfera della razionalità. Chiediamo alle persone all’esterno del parco di sgomberare l’area in modo che le forze dell’ordine possano ridare alla collettività uno spazio necessario alla città e mettere fine a questo atto vandalico.


Le uniche conseguenze di questo comunicato furono la hit trash estiva Il caldo e l’euforia di un collettivo di youtuber casertani e un confronto live su tiktok tra i portavoce di Tamarindo e la giunta comunale salernitana. Fece più spettatori della finale di Champions League e mentre la giunta elencava tutte le ragioni per cui l’area andava sgomberata, i cittadini di Tamarindo fecero ripartire il coro. Se non metti l’ultima, noi non ce ne andiamo. Una settimana dopo la sindaca si dimise e partì per un viaggio, zaino in spalla, in Patagonia.




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