
Alle menti confuse che si lasciano sui divani il sabato sera. Le due di notte e il dubbio se tutto il tempo dietro di loro è perso. Inutile. Mai più utilizzabile. Non lo so dove porta questo mare di case che ci culla e ci impegna mentre ci si chiede sempre la stessa domanda. Che cosa devo fare? La ricerca di legittimare tutto quanto fatto. Le date di scadenza. Le tasche piene di idee. Troppe idee. Troppo piene. Non ci si riesce a tirare più fuori niente. Tutte quelle cose che vorresti studiare, realizzare, bere, scopare, mangiare, aggrovigliate come le cuffie del cellulare. Le persone che avresti voluto rivedere, incastrati negli angoli come le monetine dei cinque centesimi. I biglietti del tram, le cose che avresti voluto dire o fare, accartocciate e sbiadite sul fondo. Quelle risposte che non trovi mai nel momento in cui servono come le chiavi di casa sotto al portone quando ti stai facendo sotto. Intanto si cammina, il tempo cammina, cammina solo avanti. Tutta quell’ansia come un nastro trasportatore sotto i piedi con troppa fretta che ci porta al terminal di FARE QUALCOSA. Una cosa, una cosa qualsiasi perché nella fretta, dalla tasche, hai tirato fuori magari qualcosa che non volevi più.
Che strana età i quindici anni. Quella sensazione di non essere né carne e né pesce.
Ci ripenso un attimo appena sento le parole di un amico. Potrei dirmi che ogni età è strana e che quella sensazione è sempre la stessa. Potrei farmi altri migliaia di seghe mentali per dirmi altre milioni di cose. Tutti questi pensieri però, se li divido uno a uno, non sono altro che la ricerca di una risposta alla stessa domanda. Che cosa devo fare?
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