Il tabacchino più vicino era a trentacinque minuti a piedi. Probabilmente già in chiusura. Erano le otto di sera passate. La probabilità che il distributore prendesse la carta era più bassa della sopravvivenza di Gesù in un mondo di Giuda. Niente. Non le andava di lanciarsi in quella lunga passeggiata con il rischio di non compiacere il suo vizio. Non le andava nemmeno di mettersi in macchina per attraversare la notte di quel luogo così silenzioso e così buio. Odiava guidare. Malediceva la sua mancanza di previdenza mentre continuava a boccheggiare sul suo surrogato di nicotina. Un’inesorabile meccanicità per fronteggiare l’inevitabile disfatta del desiderio di una sigaretta. Nemmeno un’anima a vista per scroccarne una. Avrebbe fumato forse una stecca di Winston Blu. Anche due di quelle silver.
Sofia era stanca mentre, su quel balconcino della casa di montagna, faceva finta di contemplare il mondo. Che cosa scivolava nella sua testa, tra un risucchio e uno soffio di fumo maleodorante, non era dato sapere nemmeno a lei. Sola la scimmia di nicotina le pareva l’unico pensiero tangibile in quel momento.
Due ore prima aveva chiamato papà, rassicurato che stesse bene… si stava studiando per la sessione, mangiava, tutto bene… Saluta la mamma. Saluta il cane. Ciao. Ciao. Poi aveva spento tutto. I libri, il telefono, il cervello… Perché poi i suoi avevano preso ventiquattro anni prima una casa in montagna? Non era meglio al mare? Nella notte su quel balcone non si vedeva più niente. Distingueva a stento il fumo bianco che tirava via dal suo mezzo piacere. Chissà come sarebbe stata la seconda casa al mare. Col cancelletto sulla strada piena di sabbia. Le cene di pesce e vino bianco freddissimo. Gli amici del mare. Le storie degli amici del mare. Tutte le prime cose coi capelli fatti di sale. Sofia si fece carico di tutta la sua velleità e materializzò l’ipotesi che se rinunciava agli studi era per la seconda casa in montagna e non al mare. Un indecifrabile effetto farfalla. Poteva difendersi di fronte alla sua famiglia afflitta e dalla pressione sociale con il fatto che quel tenere una casa per le vacanze in montagna e non al mare la inibiva allo studio. Le faceva venire lo schifo per i bilanci, la diarrea per l’economia politica, l’orticaria per la differenza tra inflazione e deflazione. La cosa prese pienamente senso nella testa di Sofia, poi la lasciò via tra le montagne che non si vedevano più. Sarebbe pur arrivato il momento di mostrare le sue incertezze alla sua famiglia ma era un tempo lontano da quello. Ora raccontava le sue bugie e sfruttava il suo esilio in montagna per tabagismo, parole crociate e piadine con la rucola.

Papà, che storia si può raccontare degli amici della montagna? Non mi da materiale sociale, non mi lascia spazio per dettagli inverosimili. Il privilegio c’è. Sono cosciente della nostra fortuna ma perché sbatterla dove in inverno fanno -7° e in estate ci si accostano solo olandesi e ciclisti. Se sono così esagerata, così desiderosa di una sigaretta senza la capacità di alzare il culo, forse è davvero perché è tutto connesso? Ora devo stare qui, accontentarmi del mio ciuccio per adulti e mandare a fanculo gli studi.
Nel risciacquare sbadata la rucola, le si iniettava nella mente una storia. Una storia della montagna. I lupi. Stava con i cugini fuori sul prato. Parlavano di un branco di lupi che girava per quei paesi. Ridevano. Si lasciavano rotolare sulle coperte di lana sparse sull’erba. Poteva sovrapporre quelle immagini a un film coreano che aveva visto tempo prima. C’era già la notte e Sofia ricordava che si era fatto il cielo più bello che avesse mai visto. Poi ci fu un rumore tra i cespugli, forse il soffio di un animale. Una percezione estranea. Scapparono tutti più veloce che potevano. Le coperte abbandonate come agnelli sacrificali. Morite voi sotto le zanne dei lupi. I lupi. Chiusero di forza il portone del palazzo lasciandosi dietro la loro paura. C’era davvero qualcosa? A dodici anni, quella notte Sofia non dormì.
Nel ricordare, Sofia si convinceva che quella storia non aveva potenza. Non l’avrebbe detta al terzo bicchiere di vino il giovedì sera. Non se la sentiva nemmeno di buttarla in mezzo a quelle serate dove si è chiusi in casa con gente a caso a giocare ai giochi da tavolo. Avrebbe forse fatto ridere qualcuno ma non quel ridere divertito. Quello smorto, convenevole… Non era meglio quindi la casa al mare? Non era meglio che Sofia non avesse mai studiato economia aziendale?
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